Nelle gole latenti, sue all’acque sprofondo
assorto scivolo, senza perdere il senso
di te, o mio alveo diletto, pudibondo
di tatto infino alla foce, che sigeta mi lice
e sussulta in sussurro mi dice: “Immenso,
è ‘l mi’ equoreo, esteso ‘l subisso mio core
tutto in un calice mescio, o vermiglio
di labbra, per te, ch’in tralice il consiglio
rimiri mirabile, perché sete non tolleri
non tolleri ardore
e disseti con le gocce del cielo,
con le gocce del cielo,
il tuo Amore.