Rituale di un Assaci…

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Si sveglia alle prime luci dell’alba, quando la brina sta per sciogliersi sui prati cristallizzati. Il silenzio domina ancora i cieli e in lontananza si iniziano a percepire i primi cinguettii degli uccelli d’inverno. Un’aria di pace echeggia sovrana, forse ignara di ciò che sta per accadere in quel fosco giorno. La notte prima del misfatto non può esser notte dolce e beata, non può essere notte di sogni; piuttosto è notte di pensieri sconnessi e ruminanti, paure inconsce e vibrazioni dissonanti. La moglie e il figlioletto dormono indisturbati e tutto tace, perfino il battito di un cuore scandito dal ritmo dell’ignoranza.

Il primo rito al risveglio è quello di uno sigaretta seguita da un’altra sigaretta e poi, un’altra ancora. Non è ansia, non è timore, è prassi. L’odore del caffè misto a quello del fumo è talmente forte che impregna ogni muro della sua abitazione e rischia addirittura di risvegliare i sensi di una moglie dormiente. Una doccia fredda riordina i suoi pensieri e purifica la mente dalle invasioni ruminanti. Assaci è un uomo di robusta costituzione, la sua dieta mono-selettiva nutre prevalentemente il suo sangue e risveglia in lui l’istinto che sembra coincidere con la sua esistenza. Di primo impatto non ha un aspetto invitante, eppure in lui regna un meta-sorriso, che copre ogni forma di afflizione. Occhi incavati, orecchie grandi, barba brizzolata, volto vissuto e segni distintivi che colorano la sua pelle tetra e marcano bene il suo “coraggio”.

Assaci è molto silenzioso, il verbo non regna nella sua materia grigia, deteriorata dal giuoco degli sbagli. Non parla quasi mai e preferisce agire e farlo in fretta. Il tempo non è suo amico ed è forse l’unica cosa di cui ha davvero paura…

Una frigida carezza alla moglie e un bacio teatrale al figlio prima di adoperarsi sembrano mostrare ancora un granello di umanità che si dissolve subito nell’attimo dopo in cui, con uno sforzo meccanico ed una accurata scrupolosità raccoglie le informazioni necessarie per ripercorrere mentalmente il  suo repertorio cercando di immaginare eventuali imprevisti.

Poco prima del risveglio dei suoi cari, prima di lasciare la sua casa ed avviarsi in solitudine verso la sua meta, prende in mano con cura il suo strumento per accettarsi che sia ben accordato alla tonalità del giorno. Con fermezza e precisione controlla ogni meccanica del suo mezzo determinando le condizioni di un’esecuzione vittoriosa. Peccato che quest’ultima però  non sarà seguita da un fomentato applauso plateale e dalla gioia risvegliata dallo stimolo di un’arte capace di generare vita; diversamente il concerto del povero Assaci sarà seguito dal pianto e le lacrime dei familiari di una vittima immortalata ingiustamente sullo spartito dei compositori padri che, a loro volta, purtroppo non godono del talento di creare magiche note eseguite dal suono dolce di un’arpa, ma contrariamente insistono a mostrarsi capaci di generare soltanto tempeste di violenza inaudita.

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