Nosce te Ipsum: Conosci te Stesso

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L’esortazione “nosce te ipsum” è una massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi e la locuzione italiana corrispondente è “conosci te stesso”.

Sul suo significato gli studiosi, anche se con alcune differenze, concordano sul fatto che con questa sentenza Apollo ordinasse agli uomini di «riconoscere la propria limitatezza e finitezza».  E’ doveroso riconoscere i propri limiti, ma un’esortazione tale incita l’uomo a conoscere se stesso in tutti i sensi, attingendo man mano a delle piccole parti della propria essenza, per essere anche e soprattutto, consapevole delle proprie virtù, della propria unicità, della propria preziosità e del proprio potenziale interiore.

Ma come si fa a conoscere se stessi? E’ ormai territorio comune affermare che questa, fra tutte le domande che la filosofia dei secoli pone, è una delle più difficili, al punto che cercheremo di rispondere con cautela, limitandoci a raccogliere qualche definizione che possa stimolare il processo di ricerca e sviluppo di tali concetti definiti.

Conscio e Inconscio:

Il conscio, da non confondersi con l’Io, è il substrato mentale superiore, ovvero quello che fa avere la consapevolezza di sé stessi e del proprio rapporto con l’ambiente circostante. Per comprendere meglio quanto detto si deve rapportare il conscio all’inconscio, ovvero alla sua controparte più nascosta; tutto ciò che conosciamo e ricordiamo con consapevolezza è dominio del conscio, mentre eventuali esperienze rimosse sono relegate all’inconscio, dove comunque restano attive.

L’ inconscio, infatti, indica genericamente tutte le attività mentali che non sono presenti alla coscienza di un individuo. In senso più specifico, rappresenta quella dimensione psichica contenente pensieri, emozioni, istinti, rappresentazioni, modelli comportamentali, spesso alla base dell’agire umano, ma di cui il soggetto non è consapevole; tant’è che secondo Freud “per quanto possiamo essere razionali, ci sono e ci saranno sempre dei pensieri sommersi che ci influenzeranno.

La parte sommersa rappresenta il nostro Subconscio!

Consapevolezza:

La consapevolezza è un dono con cui tutti abbiamo una certa familiarità, ma alla quale siamo contemporaneamente molto estranei. Le origini di ricerca della consapevolezza non possono essere ricondotte ad un contesto geografico e temporale ben preciso, poiché sono rinvenibili, seppure con nomi diversi, nella storia del vasto mare magnum del pensiero. Storia che spazia da Zarathustra nel grande altopiano iranico al Giainismo di Mahavira e Parshva e il Buddhismo in India, dal Confucianesimo e il Taoismo in Cina, agli insegnamenti dei profeti ebraici in Palestina fino ad arrivare alla Filosofia  nella nostra vicina Grecia.

Tutte tradizioni, quest’ultime, che hanno contribuito a dare un valore sostanziale a quel profondo  attimo di silenzio che porta pace all’animo umano; a quel respiro intenso che porta con sé una consapevolezza estremamente lucida, ed anche a quella dolce equanimità capace di concedere istanti di elevata armonia alla mente.

“Deliziose sono le foreste dove l’uomo comune non si delizia. Coloro che sono liberi  dalle passioni vi si delizieranno: essi non cercano i piaceri dei sensi, “bensi la pace”.

DHAMMAPADA, CAPITOLO 7, VERSO 99.

Si intende per consapevolezza quel momento della presenza della mente a sé, quindi quello stato di “conosciuta unità” di ciò che è presente nel complesso della mente. [1] In questo senso il termine  è quindi sovrapponibile a quello di coscienza nel suo riferimento «alla totalità delle esperienze”.

La consapevolezza si nutre della conoscenza, necessita comprensione e fa uso della coscienza per manifestarsi, il tutto attraverso uno stato mentale che possiamo definire lucido, stabile e presente a se stesso. Si è quindi consapevoli quando si conosce e si comprende in piena coscienza un oggetto, un evento, una caratteristica, una persona, un pensiero, un’azione, un sentimento, una causa, un effetto, eccètera.

E’ fondamentale comprendere che la consapevolezza autentica è legata al presente e ad uno stato mentale transitorio, un momento perfetto in cui la coscienza è elevata e dove si ha l’abilità e la giusta lucidità, presenza, apertura e calma interiore per elevarla. Perciò si può dire che non è un superficiale essere informati, non è una mera elaborazione di dati e informazioni che il cervello cattura, non ha niente a che fare con l’eclettismo mediatico dei nostri giorni, né è una semplice conoscenza, e si diparte anche dalla più sottile erudizione e dal sapere più intellettuale.

La consapevolezza è un faro, è una preziosa e sottile luce capace di illuminare ogni aspetto della nostra vita affinchè ognuno possa cercare di comprendersi a fondo. La peculiarità di questo meraviglioso dono intrinseco alla specie umana, è proprio la capacità di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali, emotivi e sentimentali, sulle proprie idee e credenze, sulle proprie azioni e abitudini, sulla percezione dei propri movimenti e meccanismi corporei, e tant’altro.

Questa autocoscienza è la comprensione personale del nucleo della propria identità, ed è definibile come l’attività riflessiva del pensiero in cui l’ Io diventa cosciente del .

Autocoscienza:

La parola autocoscienza, ovvero “la coscienza che l’io ha di sé stesso”, la troviamo nel linguaggio di quasi tutta la filosofia occidentale; da Socrate- Platone-Aristotele al pensiero cristiano con Agostino, alla filosofia moderna con Kant-Fichte-Schelling- Hegel-Marx-Shopenhauer fino ad arrivare agli intellettuali dei giorni d’oggi.

Nelle filosofie orientali invece, quali soprattutto il buddhismo, l’autocoscienza assume principalmente un valore pratico, e viene visto come un processo che si realizza attraverso la meditazione. Secondo i precetti buddhisti infatti, con una costante meditazione stabilizzante accompagnata da una meditazione analitica, è possibile scoprire la vera natura del Sé.

“Nel buddhismo il termine sé ha due significati distinti per evitare confusione: Un significato di sé è persona o essere vivente. L’altro, invece, contenuto nell’espressione “assenza di sé”, si riferisce a una condizione dell’esistenza falsamente immaginata e resa eccessivamente concreta, che si chiama “esistenza intrinseca”.” [2]

Il discorso si fa sempre più complesso e di sicuro meriterebbe un articolo a sé stante, ma il concetto è comunque molto simile a quello di IO ed EGO. Mentre l’ego è una rappresenzatione fallace nella quale siamo abiutuati ad identificarci erroneamente, l’Io invece, sempre in termini buddhisti, è una sorgente spirituale situata al di sopra di ogni contenuto mentale.  

Una costante meditazione analitica è capace di renderci consapevoli che l’ego non è saldo e immutabile, ma essendo fondato da un incessante flusso di pensieri, percezioni, esperienze e condizionamenti, è soggetto a continue trasformazioni. Di conseguenza, l’ego o come vogliamo definirlo, è impregnato di una sostanziale falsità, e ciò va ad indicare che “nell’ambito della falsità le contraddizioni sono del tutto plausibili, in quanto ciò che è falso può essere un’infinità di cose, mentre ciò che è vero dev’essere cosi com’è.” [3]

Secondo le principali filosofie orientali, il vero IO non può identificarsi con nessun oggetto, né con nessun tipo di pensiero, perché queste sono realtà sottoposte allo scorrere senza fine della realtà. Infatti un autentico processo di introspezione è attuabile per via negativa, cioè secondo un processo di progressiva esclusione e de-costruzione dei porpri automatismi mentali, comportamentali e abitudinali.

Mindfulness:

Il termine Mindfulness è la traduzione in inglese della parola “Sati” in lingua Pali, che significa “attenzione consapevole” o “attenzione nuda-pura”. Se invece analizziamo la parola inglese Mindfulness che è composta da MIND + FULNESS, il significato tradotto in italiano sarà: pienezza della mente, completezza della mente.

“La Mindfulness è, infatti, una condizione di pienezza e completezza della mente, perché essa, la mente, completamente centrata, assorbita, nel momento e dal momento, attua una sorta di consapevolezza totale della sua presenza nel qui ed ora.” [4]

Gran parte delle idee, delle pratiche e degli interventi che oggi vanno sotto il nome di mindfulness, sono il frutto di un percorso iniziato con gli studi pionieristici di Jon Kabat-Zinn. Secondo la sua stessa definizione, Mindfulness significa porre attenzione, in un modo particolare, intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante. Si tratta cioè di dirigere volontariamente la propria attenzione a quello che accade nel proprio corpo e intorno a sé, momento per momento, ascoltando più accuratamente la propria esperienza, e osservandola per quello che è, senza valutarla o criticarla.

Essa è infatti una forma di meditazione non concettuale accessibile a tutti, e non dipende da alcun credo, né da alcuna ideologia. “La mindulness è uno stato mentale non discorsivo, non linguistico, bensì una modalità dell’essere, non orientata a scopi, il cui fine è di consentire al presente di essere cosi com’è, e di permettere a noi stessi di essere, e di essere parte integrante del presente.” [5]

“Coloro che hanno la mente sempre equilibrata ed equanime hanno già vinto la nascita e la morte. Infallibili come il Brahman, sono già situati nel Brahman.”

BHAGAVAD-GITA, CANTO 5, VERSO 19.

Il viaggio nel NOSCE TE IPSUM è una lunga ricerca alla scoperta dell’essenza della nostra mente, del nostro corpo, del nostro spirito e dell’occasione di aver vita con maggiore presenza, stabilità, introspezione e calma dimorante.

Lo sforzo che richiede questo viaggio, non ha di certo un fine autoreferenziale, anzi, uno sforzo tale, non solo è utile alla nostra vita in tutti i suoi aspetti, ma è utile all’insieme delle relazioni che ci legano a chi fa parte della nostra vita, a tutti coloro che amiamo, ad ogni essere vivente e al nostro intero pianeta che di certo meriterebbe la nostra cura, la nostra attenzione e la nostra consapevolezza.

Fabio Joel Tunno

[1] Paolo Francesco Pieri, in Enciclopedia filosofica, vol. 3. Milano, Bompiani, 2004, p. 2318.

[2] Dalai Lama, Conosci te stesso; pag. 89
[3] ibidem; pag. 53

[4] Jon Kabat-Zinn, Mindfulness per Principianti
[5] ibidem

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