Marco Polo

Il brivido che scoscende le vertebre; la musica che stringa i precordi; sgargianti costumi inebriano lo sguardo e i profumi saturano l’intorno. Un battito di ciglia ed è il deserto. La sabbia si riversa precipite giù dalla duna, e l’esotico trasvola su per gli oceani, di continente in continente, secando le coste e sovrastando le montagne, vagando cogitabondo senza meta, mentre come un falco peregrino disegna le sue geometrie, le sue latitudini, in una sempiterna rincorsa che sembra non premurarsi del suo viandare. D’altronde, si può legittimare il suo moto di concerto con G. Leopardi: Chi viaggia molto, ha questo vantaggio dagli altri, che i soggetti delle sue rimembranze presto divengono remoti; di maniera che esse acquistano in breve quel vago e quel poetico, che negli altri non è dato loro se non dal tempo. Chi non ha viaggiato punto, ha questo svantaggio, che tutte le sue rimembranze sono di cose in qualche parte presenti, poiché presenti sono i luoghi ai quali ogni sua memoria si riferisce”. Ed è proprio nel solco di questa rotta, che qui sotto srotoliamo i diari di bordo che hanno documentato ciascuna mareggiata o avvistamento, arenamento o vela spiegata, nella speranza che quanto visto possa imbottigliare ai posteri una poetica degna di un’epopea, che trasceglie la sua fragranza nel sapore delle onde, e che sappia contestualmente, come Il Milione di Marco Polo, fotografare con la penna una suggestione irripetibile, ma fugace, altrimenti perduta per sempre nell’abisso.

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