L’occidente del Sapere

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 “Come si fa a scrutare dentro l’anima di un uomo buono per scoprire la sua bellezza? Coraggio, ritorna in te stesso e osservati: se non vedi ancora la bellezza nella tua interiorità, fa come lo scultore di una statua che deve divenir bella. Egli scalpella il blocco di marmo, togliendone delle parti, leviga e affina il marmo finché non avrà ottenuto una statua dalle belle linee. Anche tu, allora, togli il superfluo, raddrizza ciò che è storto, lucida ciò che è opaco perché sia brillante, e non cessare mai di scolpire la tua statua, finché in essa non splenda il divino splendore della virtù e alla tua vista interiore appaia la temperanza assisa sul suo sacro trono. La tua anima si è così trasformata? Ti vedi in questo modo? Hai tu con te stesso un rapporto puro, senza che alcun ostacolo si frapponga fra te e te, senza che nulla di estraneo abbia inquinato la tua purezza interiore? Sei tu, interamente, divenuto splendente di pura luce? Una luce al di là di ogni misura? superiore a ogni grandezza e a ogni quantità? Riesci adesso a vederti così? Tu stesso allora sei divenuto pura visione, vivi presso te stesso e, pur restando nel mondo di quaggiù, ti sei innalzato interiormente. Allora, senza più bisogno di guida, fissa il tuo sguardo e osserva. Il tuo occhio interiore ha dinnanzi a sé una grande bellezza. Bisogna che i tuoi occhi si rendano simili all’oggetto da vedere, e gli siano pari, perché solo così potranno fermarsi a contemplarlo. Mai un occhio vedrà il Sole senza essere divenuto simile al Sole, né un’anima contemplerà la bellezza senza essere divenuta bella. Che ciascun essere divenga simile a Dio, se vuol contemplare Dio e la bellezza.”

(Plotino – Enneadi I, 6, 9)

 

Seduti in una delle tante aule di una qualsiasi biblioteca universitaria, raccolti nel proprio marasma esistenziale e proiettati verso un orizzonte oscurato da una violenta pioggia di dubbi ed incertezze; ci si sforza di giorno in giorno, guardandosi attorno con una solida e limpida cognizione, a comprendere in profondità tutto ciò che è conoscibile. Nel contempo, decisi e desti ad andare oltre, si cerca di osservare l’invisibile, ed inseguendo l’ombra del silenzio per trovare le giuste parole da esteriorizzare: si traggono delle conclusioni, che per loro natura, non saranno mai concluse. Da qui, senz’altro tenendo conto con accortezza della remota locuzione latina “omnia duplicia, unum contra unum” (tutto è doppio, l’una in opposizione all’altra), si raggiunge una semplice impressione:

“Molto di tutto ciò che ci circonda è avviluppato da questo folle capestro capitalistico di carattere neo-liberista: anche la scuola e l’università che tanto ci è cara.”

Un tempo lo studio e la ricerca, cioè la Filo-Sofia (amore della sapienza), era inscindibilmente pratica di giustizia e coraggio di verità, spesso anche a rischio della propria vita. La ricerca del vero è stata, nella nostra storia, sin dall’antica Grecia, sempre legata all’azione pubblica, alla Politica (arte che attiene alla città), quindi ad ogni forma di aggregazione umana. Questa ricerca, che era diretta a rendere liberi gli esseri, era un esercizio costruttivo che cercava vigorosamente uno sfocio nel perfezionamento socio-spirituale dell’intera civiltà.

La "Scuola di Atene" di Raffaello Sanzio
La “Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio     Affresco: 500×770 cm

Oggi la condizione è assai diversa, forse un po’ decaduta. Il sapere, ovvero il “sentir sapore”,  viene sempre più ridotto a semplice operatività tecnica, e con l’aziendalizzazione della scuola e dell’università, che stanno cessando ormai da anni di essere ciò che erano, e ciò per cui sono nati, vi è una forte e progressiva diminuzione di vitalità di ogni forma di insegnamento e, di riflesso, anche di ogni forma di apprendimento.

I luoghi di sapere, cui un tempo erano luoghi di formazione e di sviluppo di un pensiero critico, vinti dalla supremazia della burocrazia a discapito della cultura, si stanno ormai limitando ad essere mere aziende erogatrici di crediti e debiti. Il risultato che emerge dall’asservimento dell’istituzione scolastica alla preminenza impostasi dal mercato e dagli imperativi da esso dettati, è infatti alquanto fallimentare e senza dubbio preoccupante.

Non è per niente stimolante osservare una massa semi-amorfa di studenti ansiosi che, incartati da enormi e farraginosi manuali, si trattengono inquieti nel corridoio di un’aula noncurante, in attesa di essere esaminati. Nei giorni antecedenti agli esami, iper-impegnati e di conseguenza iper-stressati, gli  stessi studenti barcollano, nella maggior parte dei casi, da un’aula studio all’altra, alla ricerca disperata di un posto dove concretizzare il rito di apprendimento nozionistico. Dalla mattina alla sera segregati nelle mura, è soltanto quel silenzio terrificante a parlare e a dirigere la funzione, mentre gli aderenti, chi per automatismo e chi per conformismo, tengono la testa ben salda sui libri di testo imposti dalle regole di procedura.

Nell’aula ghiacciata, troppo spesso ci si concentra ad assorbire nozioni, informazioni, notizie, date e nomi, il tutto in maniera abbastanza superficiale. L’assimilazione avventata è la stessa che è richiesta dalle leggi del mercato di lavoro, è la stessa richiesta dai precetti dettati dall’ Homo Consumens (definizione tipica Baumiana). Una celebre affermazione dello stesso Bauman rivela, infatti, che “nel mondo liquido moderno la lentezza preannuncia la morte sociale”, tant’è che efficacia, efficienza, razionalità, autonomia, pragmatismo, capacità di adattamento, tecnica, velocità sono solo alcune delle caratteristiche fondamentali della nostra società post-moderna. Purtroppo, rientrando pienamente nella logica aziendale, le scuole e le università, contribuiscono oggi giorno allo sviluppo di una società passiva che è orientata a consumare il sapere piuttosto che a nutrirsi del sapere. Si imparano in fretta e a memoria i libri e gli appunti dei professori, il tutto con la forte pressione dei crediti che prendono vita in una irrisoria ricompensa veicolata dal “potere degli uffici”: la burocrazia. Si può notare valevolmente quanto detto nel diffondersi di consuetudini linguistiche come: “mi devo cacciare l’ultimo esame altrimenti non prendo la borsa di studio” oppure “si ma che sbocchi ti da questa facoltà” o ancora “mi mancano solo due esami e finalmente sono libero”.

L’uomo libero ha sempre tempo a sua disposizione per conversare in pace e a suo agio. Egli passerà […] da un argomento all’altro […] lascerà quello vecchio per uno nuovo che lo attiri di più; e non si preoccuperà affatto se la discussione andrà per le lunghe, pur di conseguire la verità.

 Il professionista o l’esperto, al contrario, parlano sempre in lotta con il tempo, incalzati dall’orologio; non c’è spazio per dilungarsi sul tema prescelto, perché l’avversario, o il curatore, gli è addosso, pronto a recitare la scaletta dei punti a cui bisogna attenersi. Egli è uno schiavo che discute di un compagno di schiavitù davanti a un padrone seduto in giudizio, nelle cui mani è riposta la causa; e l’esito non è mai indifferente, bensì sono in gioco i suoi interessi personali, qualche volta persino il suo stipendio.”

Paul Feyerabend, Contro il metodo

Sono infiniti i danni che il sovrapporsi di tagli, riforme e crisi economica hanno apportato al sistema universitario. Purtroppo il mondo dell’istruzione, essendo succubo del sistema capitalistico, che a sua volta è succubo della violenza indiscriminata del mercato, della sua produzione e del rispettivo consumo di massa; condizionato parallelamente dai processi di deregolamentazione e privatizzazione, contribuisce attualmente, alla mercificazione del sapere. In questo ciclopico e complesso ingranaggio, è piuttosto controproducente tener esageratamente occupati gli studenti con manuali di infinite pagine (spesso non aggiornati), esami oltre la misura, di cui sempre più a risposta multipla, prolungate ore di lezione, di cui la maggior parte ex cathedra, stage e tirocini, laboratori e ricerche. Si segue questa prassi senza domandarsi se è giusta oppure se c’è di meglio o magari se si può costruire il meglio insieme. Al contrario, confinati ignari in quelle stesse aule, si studiano ininterrottamente i manuali di testo, pensando principalmente ad un voto (cioè un numero) che possa mantenere la media o nel “migliore” dei casi ad uno sbocco lavorativo, senza chiedersi se quello che si sta studiando è realmente, in primis, la passione giusta da coltivare, e in secundis, utile ad una vera emancipazione globale.

“Senza titolo” di Rocco Tunno Matita su carta 21×29 cm

Mentre si studia la storia del 900; che è la storia dello sviluppo materiale e del progresso scientifico, delle guerre e delle invasioni, la storia della democrazia e dell’antidemocrazia, dei totalitarismi e delle costituzioni, mentre si imparano meccanicamente le definizioni per recitarli davanti a qualche indisposto docente in stato precario: il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse terrestri; più di 1 miliardo di persone ha fame; più di 1 miliardo di persone non ha accesso ad acqua potabile; in africa 26 mila bambini al giorno muoiono di fame; il mondo spende 15 volte di più in investimenti militari che in aiuti ai paesi in via di sviluppo; e nonostante ci troviamo oggi nel più lungo periodo di pace della storia d’Europa, attualmente non è soltanto in Siria la guerra, ma sono circa 70 gli Stati nel mondo coinvolti in guerre atroci con milioni di vittime ogni anno.

Mentre si studiano, con approccio vano, i manuali di scienze politica: l’estrema destra si propaga in tutto il mondo; la cosiddetta “crisi migratoria” è gestita con irresponsabilità; l’Eurostat rivela i dati in cui l’Italia è tra i paesi con più poveri in Europa, e ciò è quanto emerge dalle analisi dell’ufficio statistico dell’unione europea sui tassi di privazione sociale: le persone in povertà assoluta in Italia sono all’incirca 5 milioni – la disoccupazione giovanile in Calabria sale al 55%.

Mentre si studiano i  manuali di scienze e tecnologie agrarie: vi sono più di 4 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno nel mondo; la metà del cibo che viene prodotto nel mondo (circa 2 miliardi di tonnellate) finisce nella spazzatura; l 80% dell’energia che consumiamo proviene, ancora, dalle fonti di energia fossile; ogni anno scompaiono 13 milioni di ettari di foreste; la calotta polare si è assottigliata del 40% negli ultimi 40 anni e l’ultimo rapporto sul clima redatto dagli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) mostra inequivocabilmente che il riscaldamento globale, causato principalmente dall’uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturali), avanza dinamicamente e, come possiamo realizzare, le catastrofi sociali ed ecologiche che ne conseguono sono già in atto.

Si potrebbe dire, tenendo volutamente conto soltanto della parte vuota del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, che si sta, sempre in parte, avverando la lucente analisi dello scrittore ambientalista francese Pierre Rabhi; secondo cui “i fatti ci mostrano che l’itinerario esistenziale di un essere umano nell’epoca moderna è costituito da una serie di chiusure successive. Dalla scuola materna all’università, egli è rinchiuso in quella che i giovani chiamano la “cassapanca” (cioè la scuola). Le donne e gli uomini dicono di lavorare in “scatole” (cioè le ditte). I giovani si divertono nelle “scatole” (cioè le discoteche) presso la quale si recano con le loro “scatoline”  (cioè le macchine). Poi c’è la “scatola” dove si sistemano i vecchi che non producono (cioè l’ospizio), prima dell’ultima “scatola” che vi lascio indovinare”.

Considerando che tutto ciò può sembrare eccessivamente pessimistico, c’è da mettere in risalto che l’analisi germoglia da un’osservazione disincantata del fatto che una grande percentuale degli studenti chiamati in giudizio e che si possono collocare nel quadro dipinto, dopo aver trascorso una giornata intera di “sacrificio” nelle cosiddette “scatole” da studio: non ha assolutamente la forza e neanche la giusta intenzione di approfondire concretamente gli argomenti da studio o di cercare addirittura, complementariamente al percorso accademico, delle soluzioni all’attuale crisi umanitaria.

Le soluzioni tangibili stanno nell’Agorà, nel dibattito, nel dialogo, nel confronto e nelle proposte, ed il problema invece, nasce proprio quando si è troppo “impegnati” per  discutere di alcune tematiche che nei nostri tempi vengono considerate “faticose”; quando non si ha più l’interesse di seguire con consapevolezza la realtà circostante; quando si è gia troppo annichiliti per continuare a fare Politica con la P maiuscola; e soprattutto quando non ci si pongono più le giuste domande, ed insieme, attraverso l’incontro si cercarano le risposte.

Diversamente, purtroppo, nel contesto universitario odierno, dopo una giornata di studio, all’occidente del sole, ci si accontenta spesso e volentieri di mangiare un pò di cibo spazzatura acquistato a quattro soldi in un negozio gestito dai pachistani, per riunirsi poi in piazza in compagnia del fedele alcool sempre a portata di mano e a volte, anzi molto spesso, anche con la presenza delle variate sostanze stupefacenti che nel vero senso della parola riempiono di un effimero senso di stupore e meraviglia gli esseri.

“…i frutti più sani della tradizione intellettuale sono l’inquietudine per la ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose”

Norberto Bobbio

La vita scorre in fretta, e come disse Confucio: “Si hanno due vite. La seconda inizia il giorno in cui ci si rende conto che non se ne ha che una”. Anche la giovinezza passa in fretta, ed è proprio in questa vitale fase di sviluppo che ogni essere umano deve prendersi il tempo per formarsi, ovvero “darsi forma”. In questo vasto e delicato processo, l’educazione esercita un ruolo fondamentale, ed oggi purtroppo, perdendo sistematicamente parte del suo meraviglioso contenuto, è sempre più fredda e distaccata. Nessun valore è attribuito da Platone a quella trasmissione di sapienza che si limita ad apparire o che si nutre di una conoscenza superficiale senza comprendere davvero lo spessore del conoscibile.

L’autentica educazione è per Platone quella che forma pensiero critico e che si manifesta in atto per rendere migliore il mondo, e citando ancora Plotino, è quella che offre gli utensili per scolpire al meglio la propria statua interiore. Ed è questa che l’umanità, nella sua bellezza, deve assolutamente rivendicare.

 

Fabio Joel Tunno

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