Singhiozza come di increspature equoree
al biondo grano, il brezzeggiar del vento,
onde spumeggia sui talli sinuosi,
riluce sull’afride fruscio,
e l’odor dell’or ridesta.
È un odor dipinto in gola,
diluito al pianto delle tamerici;
È la speme.
E la speme asolar si ode,
a rivestire i poggi con la poesia di Dio
a saggittarne il polline
nelle ombre degli occhi:
Dal ciglio un canto di infiorescenze,
dall’iride un asperso profumato
Dalla cornea uno sboccio di pesco,
e una tiara melissica incorona la pupilla.
Il mondo cinguetta al petto dell’ade
al timbro aligero delle rondini
Levate a beccare il costato del cielo
senza timore che Apollo le bruci.
Sembra toccarle, le amene note
Dello gentil spartito
Che in battere inspira la vita
E in levare la esala via.