Come si può essere individualista, cioè colui che privilegia i propri interessi personali e, al tempo stesso, politico, cioè colui che deve (anzi dovrebbe) privilegiare e tutelare gli interessi comuni?
L’individualismo politico è un ossimoro, quasi un’offesa alla razionalità. Pur essendo un’espressione inconciliabile, è pur sempre un “miracolo”.
Giancristiano Desiderio nel suo libro dal titolo L’INDIVIDUALISMO STATALISTA. LA VERA RELIGIONE DEGLI ITALIANI scrive: “gli italiani sono tanto realisti e concreti avveduti e pratici furbi e accorti interessati e scrupolosi nella vita privata, quanto sono astratti e finti superficiali e invidiosi boriosi e risentiti dottrinari e gelosi nella vita pubblica”.
Aggiungendo a questo, il principio: “ la politica come mezzo, il fine l’individualismo”, si capisce subito che la politica viene intesa come l’arte dell’inganno, la scienza per fregare il prossimo, affari non pubblici ma personali, metodo ad personam.
Di primo acchito si percepisce che l’uso e l’abuso del termine “politico” possa appartenere ad una determinata classe sociale (i governati).
Ma diventa relativo quando invece con il termine di “politica” si intendono le attività dello scibile umano.
Una tesi questa sicuramente confutabile in quanto non deriva da nessun studio scientifico, né filosofico, ma da una semplice riflessione sociologica e da esperienze empiriche.
La politica qui viene intesa non in senso etimologico ma come comportamento.
L’arte del governare diventa l’arte dell’autogovernarsi cioè il “sapersi” muovere nella “giungla sociale” regolata in modo strutturale, ma concretamente sempre più avulsa dagli schemi convenzionali, dove per sopravvivere la società ha maturato nel DNA, sviluppandolo sempre più e con maggior efficace, il metodo dell’individualismo politico.
L’individualismo politico è un fenomeno che nasce insito nell’uomo sviluppatosi man mano che il cogito si affermava prepotentemente su ogni attività umana. Un fenomeno inizialmente latente e subdolo,ma successivamente più palese e manifesto diventando sempre più una necessità, uno status, un modo di essere, ecco: quasi un “pregio”.
Un germe, dunque, che germina ed è presente in ognuno e tutti, e porta con sé una dicotomia: in alcuni si è sviluppato in modo esponenziale, in altri meno evidente ma pur sempre presente.
L’agire umano provoca un movimento spesso disarticolato ma immanente, come un atomo impazzito che cerca un altro atomo a cui legarsi. La ricerca del proprio interesse, del proprio obiettivo, porta l’uomo ad un continuo divenire col fine di assoggettare a se ogni atomo necessario per edificare il proprio vantaggio politico. Più affida “scalpi” alla propria bacheca mentale, più il suo essere si erige, persuadendo il mondo circostante che il suo fare e il suo essere politico porta benefici e, al contempo, la sua essenza si eleva.
L’individualismo politico ha tra le sue pieghe una credenza religiosa contraddittoria poiché simula una fede monoteista ma agisce come politeista e idolatrico.
Ogni attimo, ogni respiro, ogni azione, ogni cosa, sono intrisi di “politico” consapevole o inconscio, non pur sempre alla ricerca della propria felicità, del proprio star bene, a volte anche a scapito degli altri.
Si può affermare, di conseguenza, che l’individualismo politico è sine die.
Sceverare l’individualismo politico dal collettivismo politico sembra opportuno in quanto serve a discernere il sentimento egoistico, apparentemente appagante, dagli impulsi sociali che dispiegano forza ed energia condivisa da ogni singolo, mettendo a frutto la teoria dell’economista e filosofo Adam Smith, il quale sosteneva che “la felicità di ognuno è possibile soltanto attraverso la realizzazione del bene degli altri”.
Se si aggiungesse agli impulsi sociali la Fede monoteista, praticata e vissuta, indubbiamente all’orizzonte si potrebbe intravedere un futuro sempre meno egocentrico e più pluralista.
Maurizio Pricoli