Le passioni come propulsori dell’animo umano e la bellezza della “diversità”

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Di fronte ad una situazione di disagio, ognuno di noi reagisce mettendo in atto metodi di sopravvivenza personali, i quali si identificano in una moltitudine di strategie che ci aiutano ad affrontare le circostanze in un determinato modo, ovvero quello che ci restituisce quel benessere totalmente eclissato da eventi sfavorevoli. C’è chi ritrova la sua dimensione idilliaca nei vizi, chi nella natura, o ancora nel lavoro o nelle passioni che smuovono l’animo di chi le vive intensamente; passioni che possono configurarsi in qualsiasi cosa e che prendono forma in base alla persona che le sente ardere dai propri visceri e così lungo tutta la sua sagoma. Ciò determina in un certo senso la maniera che si ha di affrontare un ostacolo e al contempo, trovando il mezzo che sembra essere il più appropriato nell’affrontarlo, si entra in confidenza con esso rendendo possibile la sua trasformazione in un qualcosa di positivo, in un punto di forza; a cambiare sarà di conseguenza l’interpretazione del problema nonché l’approccio al problema stesso.

All’interno del vastissimo contenitore delle passioni occupa il suo interessante posto la musica, un’arte cui valore terapeutico è ampiamente dimostrato in più discipline, da quelle di carattere umanistico a quelle di natura scientifica; ambiti che generalmente vengono messi agli antipodi ma che, in realtà, si intrecciano completandosi su più livelli. Diverse evidenze dimostrano come la musica possa incidere positivamente non solo su disturbi neurologici ma anche su quelli di matrice cognitiva ed emotiva, andando a svolgere un ruolo importante nella percezione del dolore e nella gestione di stati che alterano l’umore dell’individuo.

Una delle personalità che fece della musica il suo vessillo per antonomasia fu Michel Petrucciani, pianista jazz fortemente rinomato cui melodie risuonano tutt’ora nel cuore di molti musicisti del genere. Sua particolarità, oltre il comprovato talento, era quella di concepire la malattia di cui era affetto sin dalla nascita, nota come Osteogenesi imperfetta, non come un limite ma, al contrario, come un vantaggio da sfruttare per dedicarsi totalmente allo studio dello strumento. Tale patologia appartiene al gruppo eterogeneo di malattie genetiche rare omonimo ed è caratterizzata da un aumento della fragilità scheletrica, una diminuzione della massa ossea e una suscettibilità alle fratture ossee di gravità variabile.

Esiste una forma a trasmissione autosomica dominante ed una a trasmissione autosomica recessiva. Nel primo caso le mutazioni colpiscono i geni COL1A1 e COL1A2 i quali codificano per le catene alfa1 e alfa2 del collagene tipo I (proteina che rappresenta il 90% del collagene totale ed entra nella composizione dei principali tessuti connettivi, come pelle, tendini, ossa e cornea); nel secondo caso, invece, le mutazioni riguardano i geni LEPRE1, CRTAP e PPIB.

Per quanto concerne le manifestazioni cliniche, sono stati identificati 5 tipi principali di OI (i quali presentano diversi sottotipi), tutti riconducibili a mutazioni a trasmissione autosomica dominante:

  • Tipo 1 (lieve). Non produce deformazioni ed è caratterizzata da una statura normale o solo leggermente bassa, sclere blu e assenza di dentinogenesi imperfetta (DI), ovvero una malattia genetica autosomica dominante che si presenta come un disturbo dell’elaborazione della matrice dentaria.
  • Tipo 2 (letale). I pazienti affetti presentano alla nascita fratture multiple delle coste e delle ossa lunghe, deformità significative, allargamento delle ossa lunghe, diminuzione della densità cranica sulle radiografie e sclere scure.
  • Tipo 3 (grave). I segni principali sono la statura molto bassa, la faccia triangolare, la scoliosi grave, le sclere grigie e la DI.
  • Tipo 4 (moderata). Coloro che ne sono colpiti presentano moderata bassa statura, scoliosi lieve-moderata, sclere bianche o grigiastre e DI.
  • Tipo 5 (moderata). Caratteristiche sono la bassa statura lieve-moderata, la dislocazione della testa del radio, la mineralizzazione delle membrane intraossee, la formazione di calli ossei iperplasici, le sclere bianche e l’assenza della DI.

Le forme autosomiche recessive sono sempre gravi se si associano a ipotonia grave, ovvero a una diminuzione importante del tono muscolare.

Tuttavia, ritornando a Michel Petrucciani, può sembrare una sorta di paradosso che una persona affetta da una malattia definita anche come sindrome dalle ossa di vetro o di cristallo si sia annoverato il titolo di miglior musicista jazz europeo; eppure basta perdersi nelle sue composizioni artistiche, approcciarsi alle varie documentazioni scritte e videoregistrate che lo riguardano, per abbattere svariati e comuni pregiudizi circa le persone affette da un disturbo fisico. Con un’altezza di 97 centimetri, un peso di 27 kg, un dolore fisico quasi costante e fratture ossee oltre 100 volte prima che raggiungesse l’adolescenza, Petrucciani visse un’esistenza che fu tutt’altro che statica e limitante, non solo da punto di vista artistico ma anche da quello più intimamente personale.

Nonostante, soprattutto all’inizio della sua carriera, si resero necessarie l’adozione di alcune strategie di movimentazione da parte di persone terze (da e verso il pianoforte) e l’utilizzo di un peculiare dispositivo per il raggiungimento dei pedali dello strumento, Petrucciani coltivò con perseveranza e determinazione la sua passione, arrivando a condividere il palco e collaborando, sin dall’età di quindici anni, con musicisti di grande calibro come Kenny Clarke, Clark Terry, Lee Konitz, Charles Lloyd, Jim Hall, Dizzy Gillespie e molti altri. La sua intensa carriera musicale, oltre a determinare la ricezione di numerosi riconoscimenti, lo portò a viaggiare molto estendendo il suo raggio di azione anche al di là dei confini francesi. Inoltre, la malattia non divenne un fattore ostacolante né alla realizzazione di relazioni importanti, da cui ebbe dei figli, né ad uno stile di vita fatto di eccessi e vizi.

Il suo atteggiamento, così come l’approccio alla sua condizione patologica, si contraddistinsero per la positività, l’ironia e il desiderio di perseguire, al di là di tutto, ciò che da lui era considerato necessario e significativo; un attributo che senza ombra di dubbio ha lasciato il segno nelle note vivaci di ogni sua creazione musicale.

Questo artista trovò nella musica l’espediente che gli permise di veicolare al meglio le sue emozioni nonché di fronteggiare una condizione vista da molti come svantaggiosa e predeterminante le possibilità dell’individuo stesso. Certo, il mezzo varia da persona a persona e molto spesso è necessario ricorrere ad ausili di diverso tipo, ma non è detto che ciò precluda il raggiungimento di un fine importante per chi è coinvolto. A tal proposito, mi sovviene la visione di Pico della Mirandola circa l’entità dell’uomo come essere dotato di una natura indefinita, non prestabilita a priori, che egli stesso può plasmare in base alle proprie volizioni. Chi vive una disabilità può vedersi ridotte le proprie possibilità di raggiungimento di un fine, come il benessere personale e la propria autonomia, ma non è detto che siano ristrette, semplicemente sono differenti e nella loro diversità sussiste la loro bellezza e dignità.

“So di essere differente, ma non mi sento male o in colpa per questo, semplicemente sono come sono, non mi dà alcun problema. Voglio dire, chi è l’handicappato? Tu o io? Chi lo sa? Tu hai dei problemi, io ho dei problemi. Tutto qui. Penso che la gente dovrebbe pensare di più a questo, piuttosto che a sentirsi in colpa per sé stessi, dirsi: ‘Non sono come gli altri!’ Non sono come gli altri, lo so. Non voglio essere come gli altri. Suono un’altra musica e vivo in modo diverso. Mangio in modo diverso, dormo in modo diverso. Sono diverso e sto benissimo! […] Mi piacerebbe dirvi: ‘si, io soffro in modo strano. Ho parecchi problemi. Sono piccolo, sono handicappato, non mi si drizza, non ho una donna. Ho una vita molto difficile, la sofferenza, il dolore, è davvero difficile!’ Non è vero! Va tutto bene. Ho una vita assolutamente normale, con dei figli, ho delle donne, ho due appartamenti, vivo a New York, vivo a Parigi, sto un po’ dovunque. Ecco tutto!” – Michel Petrucciani

Riferimenti:
https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/Disease_Search.php?lng=IT&data_id=654&Disease_Disease_Search_diseaseGroup=Osteogenesi-imperfetta&Disease_Disease_Search_diseaseType=Pat&Malattia(e)/%20gruppo%20di%20malattie=Osteogenesi-imperfetta&title=Osteogenesi%20imperfetta&search=Disease_Search_Simple

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