Nel suo essere “persona” l’essere umano si interfaccia con la propria interiorità, quotidianamente, per costruire il proprio “sé” e la propria vita con gli altri, facendo esperienze ed imparando da esse. Quando, però, il mondo interno della persona è discrepante con ciò che trova all’esterno, emerge un senso di vuoto, di disadattamento o irrequietezza. Pensate, se ci sono mai stati, a tutti quei momenti in cui a causa di una persona, un oggetto o una mera situazione, avete provato un sentimento di disagio, vi siete sentiti “lontani”, vi siete chiesti perché mai foste lì in quel momento, avete percepito una forte estraneità da quel contesto o una difficoltà fisica nel compiere una semplice azione. L’ipostimolo ambientale, spesso, causa tutto questo determinando la conseguente crescita di un disagio generale.
Capiamo come l’ambiente in cui viviamo incida in modo esponenziale sul nostro essere, e al contempo benessere; dunque, non può essere considerato come una componente marginale e poco rilevante se siamo intenzionati a concepire l’uomo in senso olistico, nella sua globalità. L’ambiente è tutto ciò che ci circonda, il gruppo di persone, gli edifici e i luoghi naturali che siamo soliti frequentare; al suo interno agiamo e prendiamo decisioni come esseri occupazionali.
Ma esiste un professionista sanitario che tiene conto delle suddette considerazioni nel suo approccio riabilitativo? Si, ed è il terapista occupazionale. L’obiettivo primario della terapia occupazionale è consentire alle persone di partecipare alle attività della vita di tutti i giorni mirando al maggior grado di autonomia della persona presa in carico. Nel suo profilo professionale è esplicitato come possa lavorare con la persona stessa, trovando strategie, utilizzando ausili, ma anche modificando e adattando l’ambiente in cui quest’ultima esiste, lavora, gioca.
L’importanza del ruolo ambientale è enfatizzata da diversi modelli teorici, sui quali si basa la pratica della terapia occupazionale, che focalizzano l’attenzione proprio sulle diverse sfaccettature e influenze dello stesso, nel e per la vita dell’uomo. Secondo il modello di occupazione umana MOHO di Gary Kielhofner (2002), l’uomo è una interazione complessa di tre sottosistemi: volitivo, abitudinario e performance mente-cervello-corpo e, il
comportamento occupazionale, deriva dall’interazione dell’ essere umano con l’ambiente che, considerato sia nella sua componente fisica che sociale, può offrire opportunità o restrizioni. L’ambiente fisico consiste nell’ecologia naturale e nell’ecologia costruita dall’uomo in cui rientrano gli oggetti che ne fanno parte, mentre quello sociale, consiste nell’insieme di persone che interagiscono tra loro e in ciò che fanno. Inoltre, secondo il modello canadese della performance occupazionale (CMOP), nato dallo sviluppo da parte dell’associazione canadese iniziato nel 1983, quest’ ultima deriva dal rapporto dinamico tra la persona, l’occupazione e l’ambiente che si riferisce ai contesti ed alle situazioni che si trovano al di fuori degli individui e che suscitano risposte e reazioni. Esso ha elementi culturali, istituzionali, fisici e sociali ed un cambiamento in esso produrrà degli effetti, dato che le interazioni tra gli ambienti delle persone e le stesse sono dinamiche (Piergrossi J. C. (a cura di), Essere nel fare. Introduzione alla terapia occupazionale, Franco Angeli, Milano, 2006).
Per un professionista della riabilitazione, tener conto della sfera cognitiva, sensoriale, percettiva, motoria è fondamentale per stilare degli obiettivi e dei conseguenti trattamenti. Ma risulta altrettanto fondamentale, evitare un approccio riduzionista e considerare tutto ciò che rende significativa la vita della persona, valutando l’ambiente da cui è circondata. In merito a ciò, è stato condotto uno studio scientifico che rende utilizzabile nel panorama italiano uno strumento (CHIEF) che valuta la percezione dell’ambiente fisico-sociale-politico-lavorativo della persona. Affinare la comprensione di un aspetto così importante, arricchirebbe la conoscenza della stessa, permettendo in tal modo di cogliere un disagio, di per sé difficoltoso da cogliere ma, se colto, arricchito da una nuova possibilità: essere abbracciato ed alleviato.