I problemi della società automatica – Denuncia sociale

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Il progresso scientifico degli ultimi secoli ha trovato al giorno d’oggi il suo massimo relativo dell’applicazione tecnologica, come nei settori dell’elettronica, della meccanica e dell’automazione, il che ha reso, quella attuale, l’epoca con il tasso di evoluzione dei modi di vita quotidiani più rapido della storia umana. Ciò si traduce in un livello di progresso e trasformazioni antropologiche ed ecologiche globali senza eguali nella storia.

Da circa due secoli l’uomo ha iniziato a usare le macchine per svolgere la maggior parte dei lavori, poiché permettono tipologie di utilizzo e prestazioni ben più elevati, con efficienze e rese decisamente oltre le aspettative. Tuttavia, questo sviluppo ha richiesto anche un progressivo aumento delle risorse globali utilizzate, a discapito dei naturali equilibri climatici ed ecologici.

Se prima si tendeva a produrre solo ciò che effettivamente veniva utilizzato, ora si produce il più possibile per massimizzare il guadagno. Le conseguenze possono essere molteplici, tra cui significativi sprechi alimentari e di risorse, o addirittura l’intenzionale diminuzione della qualità nei prodotti, sempre per aumentare il margine di guadagno, il che può anche portare a ripercussioni di tipo salutare se interessa i settori alimentari. Per quanto riguarda gli sprechi, questi risultano una conseguenza inevitabile per due ragioni principali: uno, si preferisce progettare volontariamente prodotti con durata limitata in maniera da garantire una ciclicità degli acquisti, la cui massima espressione sono i famosi usa e getta; due, la sovrapproduzione, con la speranza di piazzare successivamente il maggior numero di prodotti sul mercato, anche se non necessari, genera l’esigenza di vendere a tutti i costi la merce prodotta, di conseguenza all’acquirente viene inculcato il desidero di acquistare oggetti anche inutili.

Affinché sia giustificato l’incremento massivo delle produzioni, è necessario che siano garantite le vendite e quindi i consumi. La crescita esponenziale dei consumi viene garantita attraverso strategie di mercato che fanno nascere il bisogno al potenziale cliente di acquistare un prodotto di cui fino a quel momento ignorava l’esistenza: il cliente diventerà disposto anche a sacrificare risorse per beni più necessari pur di soddisfare questi nuovi bisogni secondari.

In questo contesto, il lavoro umano viene considerato una risorsa di consumo, e a tal ragione, una risorsa più performante come quella automatizzata, permette guadagni maggiori, vincolando l’uomo a performarsi alla stregua della macchina, sotto ricatto salariale. Questo accade in quanto il lavoro e il salario vengono appiattiti sullo stesso contenuto concettuale, senza distinguere le due componenti. Se il salario fosse un diritto garantito sempre e comunque, si ridarebbe dignità al lavoro e al lavoratore. Questo ragionamento non dovrebbe essere però confuso con l’intenzione di donare ricchezza a chi non ha intenzione di svolgere la propria mansione con rispetto verso il prossimo, o rendersi utile per la comunità. Piuttosto dovrebbe servire da ispirazione a riflessioni che mirino a liberare il lavoratore dalla necessità di svendere il suo tempo, sottraendolo alla propria libertà, in cambio di un valore monetario col quale viene illuso di poterlo riavere indietro. Sottrarre del tempo utile a realizzare i sogni di qualsiasi uomo, dovrebbe essere considerato il più grande crimine.

Finché il sistema è in grado di reggersi tramite questa crescita economica dei guadagni, niente sembra intaccarne la supremazia. Il lavoratore, sotto ricatto salariale, non ha motivo di lamentarsi perché il sistema ha permesso alla sua famiglia maggiore benessere rispetto ai secoli scorsi, la popolazione sotto la soglia di povertà rappresenta la minoranza del totale, il progresso tecnologico avanza e tutto è in sviluppo positivo. Ma se anche solo uno dei fattori che ne regolano i meccanismi viene meno, la macchina si inceppa, come degli ingranaggi che arrugginiscono.

A questo punto diventa più difficile vendere i beni prodotti, anche se le produzioni non si arrestano, i guadagni diminuiscono, la popolazione media inizia a impoverirsi e diventa sempre più difficoltoso invertire il processo che porta verso la decrescita. Il risultato ultimo è il trasferimento di maggiore ricchezza dalle fasce povere (che aumenteranno di numero) a chi era già ricco. Se a ciò si aggiungono anche le tassazioni dei vari governi, mirate a racimolare il più possibile dal salario del singolo individuo, anziché tassare in maniera progressiva sulla quantità di ricchezza posseduta, si genera un malcontento generale della popolazione che smetterà di credere nella comunità, isolandone i componenti.

La storia ci insegna che maggiore è la crisi economica che subisce la popolazione, maggiore sarà l’insoddisfazione politica e l’intensità con la quale questa si affiderà a personalità carismatiche che sapranno comprendere le loro apparenti problematiche. La democrazia smette di essere uno strumento per esercitare la sovranità popolare, diventando un’arma di chi ambisce a posizioni di potere.

Dunque, in un sistema in cui il lavoro salariato è alla base, per l’uomo diventa essenziale la ricerca di una posizione vantaggiosa. La naturalezza con la quale viene svenduto il tempo della propria vita è sconcertante: è ovvio che pur di sopravvivere ci si sente costretti a dedicare l’intera esistenza alla ricerca di un titolo di studio utile al fine economico, a lavorare intere giornate, per tutto l’anno, sacrificando l’affetto della famiglia, dei propri cari, di tutto ciò che possa procurare la vera felicità. Ci si priva della vera libertà in cambio di una libertà vincolata alle regole di mercato. In un mondo in cui ogni cosa ha un valore economico, i sentimenti perdono di significato. Stessa sorte spetta all’etica e alla morale.

Mentre la maggior parte della popolazione rincorre il sogno capitalistico, chi ha avuto la fortuna o il vantaggio di liberarsi da queste catene di moderna schiavitù, ritrovandosi, per proprio “merito” o non, con accumuli di risorse superiori a quelle indispensabili alle più decenti condizioni di sopravvivenza, ha fatto della propria esistenza un perpetuo esibirsi nell’apparire di uno status sociale più elevato. C’è chi dedica la propria vita alla ricerca e allo studio per il puro amore per la cultura e la scoperta, ma in pochi si trovano anche nelle condizioni di inseguire tali passioni. In una società basata esclusivamente sul valore economico, regolato non dalla qualità del bene o servizio, ma da imposizioni di mercato, non c’è più spazio per i valori etici e sentimentali. Si innescano meccanismi fraudolenti per accumulare risorse a discapito dei molti, più poveri e impossibilitati a reagire.

In generale, si cresce con la convinzione che l’unico sistema possibile sia quello qui in sintesi descritto. L’unica ragion d’essere è la corsa alla realizzazione della propria carriera, o tentare di sopravvivere, procreare e mantenere la famiglia, le passioni e le ambizioni intellettuali passano in secondo piano. Chi s’interroga su tali criticità viene considerato inopportuno e pericoloso per il sistema, specialmente per i maggiormente conservatori. Anche chi inizialmente aspirava a un sistema differente, se raggiunta una posizione vantaggiosa, tenderà a diventare conservatore.

Naturalmente, finché gli schieramenti si suddividono principalmente in diverse sfumature di progressismo e conservatorismo, tutti in contesa della leadership per il bene collettivo, si è difronte a un sistema sano, civile ed evoluto. Tuttavia, nel sistema qui descritto, la società automatica del consumo ha incastonato nel concetto politico l’idea che questo si fonda sulla manifestazione elettorale alle urne del consenso partitico, della vittoria del singolo leader candidato contro i suoi avversari. Questo accade perché la popolazione è stata anestetizzata con la disinformazione e la propaganda, ricevendo l’illusione di poter risolvere problematiche complesse con soluzioni banali che tralasciano del tutto o quasi gli aspetti tecnici. Chiunque si colloca nella posizione di poter affermare il contrario di tutto, senza doverne motivare il ragionamento. La politica, espressione più alta del dialogo, della discussione e della collaborazione tra esseri civili, è stata resa sterile, caciara, battaglia di insulti e offese personali. I politici vengono eletti sulla sorta della simpatia, sminuendo il contenuto, il che causa la degenerazione delle classi dirigenziali che non saranno più in grado di risolvere i problemi dei cittadini, ma esclusivamente i propri o di quelli da cui sono stati corrotti.

Se dilaga l’incompetenza e il malgoverno, l’unica garanzia di rielezione è mantenere celato ciò che di negativo è stato precedentemente fatto. Tali fatti possono rimanere nascosti solo agli occhi di chi non osserva criticamente, approfondendo sulle tematiche e sapendo discernere tra propaganda e reale informazione, ma negli ultimi decenni, grazie all’uso sempre più comune dei social network, è diventato molto più facile mettere allo scoperto situazioni e comportamenti compromettenti. Purtroppo anche questo strumento torna a vantaggio dei responsabili del malgoverno, trovando in essi il mezzo di propaganda più efficace.

In sintesi, l’ignoranza dell’elettore viene a vantaggio del politico corrotto e immorale. Questo però è anche la causa del problema, non solo la conseguenza. In un sistema in cui anche l’istruzione è legata indissolubilmente all’economia, è inevitabile che tematiche non utili al fine salariale suscitino indifferenza, alimentando l’ignoranza politica. Solo successivamente a questo aspetto, di conseguenza all’elezione del malgoverno, si alimenterà l’ignoranza generale, investendo minori risorse nell’istruzione, che quindi risulterà antiquata e incapace di educare in maniera corretta. È palese che una volta innescata questa cascata di eventi, per evitare il declino totale è necessario un importante impulso controcorrente che tenti di bloccarne gli effetti e invertirne il senso.

Tale descrizione sociologica, incompleta e sintetica, nasce come sfogo e necessità di denuncia di problematiche sotto gli occhi di tutti, ma complessi da analizzare, dunque caratterizzati da visione soggettiva di causa ed effetto. Qui si è tentato di esporre un pensiero in maniera oggettiva, ma tale oggettività ricadrà comunque nella sfera del soggettivo, quindi contestabile e rifiutabile. L’obbiettivo non è convincere o dirottare il pensiero altrui, ma far scaturire l’interrogativo nel prossimo nella speranza di far nascere un dialogo costruttivo che possa realizzare un’analisi più rigorosa e completa, con la lungimiranza necessaria a ricercare soluzioni valide e durature a garantire il benessere spirituale dell’uomo.

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