SOREPAN: Buongiorno mondo!
ISOPRENE: E’ inutile che dici “buongiorno mondo”, sei solo e non ti sente nessuno.
SOREPAN: Non capisco perché sei sempre cosi duro?
ISOPRENE: Non sono duro, sono schietto e reattivo. Tu come mai oggi riesci a sentirmi? Era un bel po’ che non rispondevi.
SOREPAN: Oggi mi sono svegliato con l’intento di ascoltarti attentamente. Hai parlato troppo nell’ultimo periodo, mi sento confuso e necessiterei di un po’ di silenzio.
ISOPRENE: Te ne esci ogni giorno con una nuova. Vedrai che passerà anche questa tua nuova intenzione, stai tranquillo domani non mi sentirai più.
SOREPAN: Anche se ci sono dei lunghi periodi in cui non ti sento e non ti rispondo, so benissimo che ci sei e che mi condizioni quotidianamente con la tua parlantina. A dir il vero mi son stancato di questa condizione e questa volta non andrò via da qui fin quando non conoscerò ogni aspetto della tua esistenza.
ISOPRENE: La mia esistenza? Guarda che io sono te e tu sei me, quindi è un problema tuo se non mi conosci. Fin’ora cos’hai fatto? Dov’eri? Per caso dormivi? O eri troppo indaffarato con il tuo lavoro? Non fai altro che riempirmi di roba inutile senza renderti conto che stai perdendo solo tempo.
SOREPAN: Ecco che ricominci con il tuo giudizio, guarda che ho iniziato già da tempo ad osservarti e ti conosco abbastanza bene; l’unica cosa che sai fare è giudicare, perciò non credo proprio che io e te siamo la stessa cosa.
ISOPRENE: Ti sbagli ragazzo, ma non giudico per niente, io ho semplicemente il compito di farti da specchio e narrare la realtà che ti circonda, e questo lo so fare molto bene.
SOREPAN: Il riflesso del tuo specchio genera in me una gran confusione e le tue narrazioni mi sembrano false e quasi sempre e solo giudicanti.
ISOPRENE: Le mie narrazioni non sono né false e né giudicanti ma sono vere, e ti posso assicurare che la mia natura di specchio è pulita. A me sembra che sei soltanto in crisi perché negli ultimi giorni ti ho fatto notare che non sei utile a niente.
SOREPAN: Inizio ad avere molti dubbi su di te, non sei più credibile e mi sa che è arrivata l’ora di comprendere bene la tua natura. Attingerò ad ogni mezzo per riuscirci.
ISOPRENE: Dubbi su cosa? La mia natura è indiscutibile, e se lo fosse potresti discuterne soltanto con i miei strumenti. Piuttosto a me sembri solo un po’ più matto del solito, e forse è questo il vero problema. Qua non si tratta di credibilità e non c’è niente da comprendere, dovresti solo iniziare ad essere più riconoscente e mettere da parte il tuo stupido scetticismo. Ti credi che mi diverto a starti dietro tutto il giorno? A metterti in guardia e farti aprire gli occhi ogni volta che rischi di cadere? Se non fosse per me saresti già a terra e ti avrebbero schiacciato come un verme da anni! Sono io che ti tengo in vita, sono io che ti oriento, sono io che conservo i tuoi ricordi. Tu te ne stai tutto il giorno a fare le stesse cazzate mentre io elaboro incessantemente, ed ora hai anche il fegato di ribellarti? Non fai altro che implorare aiuto perché devi lavorare, devi studiare, devi crescere, devi migliorarti, devi fare questo e devi fare quello. La realtà è che tra tutti questi doveri non stai concludendo niente, ed hai ancora il coraggio di progettare, fare piani e fissarti obiettivi. Lasciati dire che tutto questo è ridicolo, tutti questi progetti buttati li a caso, tutti questi obiettivi sospesi e mai realizzati; non ti rendi conto che hai trentatré anni e non sai ancora dove andare? Non riesci a collocarti in nessun posto, non hai uno scopo e sei solo depresso.La verità è che tu non sei niente e te l’ho dimostrato l’altra sera a casa di Belisario, non puoi negarlo. Io ti descrivo quotidianamente la realtà che ti circonda e la realtà di cui sei fatto, e tu al posto di ringraziarmi inizi addirittura a dubitare di me, mi osservi e mi dai del bugiardo? È meglio che te ne torni a dormire perché se osi ancora a …
COSCIENZA: Caro ISOPRENE, perdonami la brusca interruzione ma credo di aver sentito già troppe chiacchiere e menzogne, e nonostante il mio consueto silenzio, è giunto ora il momento di esprimermi:
Anzitutto ti prego di non nasconderti come un codardo dietro al tuo anagramma in cui scambi le lettere del tuo nome affinché nessuno ti riconosca. Tu sei il PENSIERO, e abbi il coraggio di esserlo. Sembra che provi disagio nel mostrarti per ciò che sei, e molto probabilmente quel disagio è scaturito dalla tua pigrizia. Hai paura di uscire alla luce perché vivi con la fobia di essere giudicato alla stessa maniera in cui tu giudichi continuamente i tuoi imputati. Parli sempre in silenzio e con voce fioca affinché nessuno senta ciò che dici, e lo fai perché in fondo tu sai di essere pigro e sai che la tua pigrizia ti porta a narrare sempre le stesse false storie. Parli orgoglioso delle tue mansioni e della reattività con cui efficacemente le applichi, senza sapere che è proprio la reattività e l’efficacia che ostacolano la qualità del tuo sviluppo. In altre parole, ti prego di pensare prima di pensare, affinché il tuo pensiero sia qualitativamente costruttivo. Sei troppo veloce e superficiale di questi tempi, rilassati e torna a respirare più profondamente, perché a me sembra che fai davvero tanta confusione.
Sei convinto che le tue narrazioni rispecchiano la verità delle cose e addirittura dici di avere uno specchio pulito per riflettere la realtà circostante, quanto a me risulta di non vedere nessun specchio all’interno del tuo tempio. Hai smesso di riflettere la realtà da anni, e se questo specchio di cui parli esiste, sarà sicuramente coperto dal fango di una società alla deriva, la stessa società che tanto critichi nelle tue superficiali elaborazioni, ma che comunque è riuscita a sporcarti fino all’orlo. La realtà per te è una costante minaccia e di conseguenza sei diventato un mero costruttore di giudizi, dimenticandoti di dover generare idee, concetti, immagini, visioni, valori, critiche e raffigurazioni limpide del mondo, per migliorare la qualità di vita della tua persona e di chi ti sta attorno. Non fai altro che vedere il prossimo come imputato da giudicare al posto di vedere un universo da conoscere, e di riflesso non vedi altro che giudizio nello sguardo altrui difendendoti affannosamente dalle false imputazioni. Nella tua solitudine, invece, in mancanza del soggetto da accusare, fai coincidere l’imputato con la tua persona ed è li che sprigioni al massimo la tua creatività giudicante. Non ti nego che sei molto capace di raccontarti sempre le stesse cose, ma forse non ti accorgi che le tue storie coincidono esattamente con quelle di una società che rincorre il “dover fare” al posto del “dover essere”.
Te ne esci con le solite affermazioni in cui sostieni che la tua persona non è utile a niente o che sta perdendo solo tempo, senza riflettere profondamente sul concetto di “utilità in relazione al tempo” con gli stessi stumenti che tu solo saresti capace di generare. E’ evidente che oggi le tue narrazioni nascono dalla tua pigrizia e si risolvono in essa, ed in questo automatismo ignori la stretta connessione del tuo contenuto con quello della propagata insoddisfazione che angoscia gli animi sociali del terzo millennio. Convinzioni assurde in cui dobbiamo tutti saper funzionare piuttosto che saper essere, dobbiamo tutti avere uno scopo definito per seppellire la costante ricerca intrinseca all’uomo, e tutti dobbiamo essere ben fermi e collocati senza domandarci se quel funzionare non significa in realtà ridursi a macchina e quel collocarsi non significa mettersi in fila ed attendere che la vita abbia prima o poi un senso. Secondo questi costrutti sintattici dobbiamo essere sempre veloci ed efficaci, non possiamo permetterci di cadere nella corsa e dobbiamo sempre avere una visione chiara e pronta all’uso, un binario attivo su cui viaggiare senza sosta.
Le domande che a me sorgono mio caro Pensiero, vanno oltre a queste idiozie, e cercano di indagare consapevolmente sulla direzione di quei binari cosi facilmente reperibili, per iniziare a metterli seriamente in discussione. Io non detengo la verità, ma resto costantemente in uno “stato di silenziosa osservazione” per cercare di intuirla; a differenza tua che sostieni di dire il vero e che nel sostenerlo continui a seminare furtivamente semi fallaci. Se dicessi davvero la verità, la diresti ad alta voce; se fossi davvero onesto, ricercheresti attentamente le parole giuste prima di pensarle; e infine, se non fossi giudicante te ne usciresti fuori soltanto nel momento giusto, risparmiandoti tutte le balordaggini ed i giudizi infondati.
A questo punto del dialogo, visto le tue condizioni, mi sento di dirti che non hai il diritto di pensare superficialmente al cospetto del Gentile Sorepan. Dovresti osservarlo più a fondo e rimanere in silenzio tutto il giorno per contemplare la sua bellezza, sviluppare un singolo pensiero soltanto a suo favore e farlo sempre costruttivamente.
Ti sembra di veder spesso, in questo mondo chiamato terra, un animo cosi giovane che, nonostante subisca quotidianamente la dispotica violenza mediatica, è ancora capace di porsi delle domande, di avere dubbi ed incertezze e di essere in un costante stato di tensione verso il giusto? Nonostante il caos che anima il suo animo, la persona che ti è dimora, continua ad emanare gioia e felicità giornaliera, continua ad essere speranza ed è altamente impregnata di una sublime vitalità!
Osserva bene! … Sorepan è una Persona rara, e tu sei molto fortunato a poter vivere in simbiosi con esso. Sii grato di vivere a contatto con la purezza, con la sobrietà, con un essere che ha mantenuto ancora un pizzico di morale. Non vedi che è un superstite della forte ondata capitalistica? Non ti accorgi che resiste ancora alle tentazioni del Dio Nichilista? Ciò significa che resiste a dare più importanza alla forma piuttosto che al contenuto, è lontano da ogni idolatria dell’immagine e della ricerca dell’apparenza a sacrificio dell’essenza. Il giovane è ribelle ad ogni regola di sistema che induce l’uomo a pensare al denaro ed al piacere come unica fonte di ricchezza, e contrariamente considera ricchezza tutto ciò che è pregno di amore e di valore. Provo compassione nei tuoi confronti ogni qualvolta osi a giudicarlo scioccamente su argomenti insignificanti che rientrano tutti nella sfera DEL FARE piuttosto che DELL’ ESSERE.
Persone come Sorepan bisogna tenersele strette, e son certo che il giorno in cui supererai la pigrizia per riflettere profondamente sull’essere di questo meraviglioso uomo, non lascerai più spazio al povero giudizio ma ti dedicherai a tempo pieno al più solenne elogio della sua singolarità e gli dichiarerai infiniti impulsi di ammirazione, gli donerai perle di amore quotidiano incoraggiandolo a seguire la sapienza che accompagnerà il suo puro istinto, il suo slancio che lo condurrà al raggiungimento delle sue nobili mete. In questo viaggio ti limiterai a sussurrargli dolcemente le indicazioni di percorso ed a trascrivere nel grande libro della memoria ogni sacro respiro di questa dolce vita ed ogni suo prezioso gesto.
Per concludere il nostro dialogo ci tengo a dirti che sei un po’ troppo irrequieto mio caro Pensiero, e spesso la tua irrequietudine si trasforma in arroganza ed autolesionismo. Il mio richiamo non vuole toglierti nessuna mansione, in quanto sono ben “consapevole” della tua natura critica ed analitica e le tue solide fondamenta su cui sviluppi ragionamenti deduttivi per conoscere e comprendere il mondo. Le tue capacità sono molto importanti ed il tuo potenziale è infinitamente grande; ma il problema è che attingi alla tua vera natura molto raramente e per mera pigrizia ti limiti a coltivare soltanto la tua dote giudiziaria. Sii coerente con la tua vera natura, sii più lucido, più morbido, più leggero, e soprattutto abbandona ogni forma di falsa narrazione per sostituirla con una visione profonda dei fenomeni e degli aspetti di questa meravigliosa vita. Abbi il coraggio di abbandonarti al sapere e all’equanimità, e lasciati contenere dal mio regno senza confini perché non vi è cosa più sana che essere sapienti, consapevoli e senza giudizio.
Ps:
… e tu mio dolce Sorepan, abbandona ogni paura e non nasconderti dietro ad una maschera come il tuo pensiero. Sii vero, sii padrone di te stesso, sii uomo.
Fabio Joel Tunno