Perbacco! Sono già le sette di sera. Mi ero messo comodo sul divano per appisolarmi un’oretta, ben tre ore fa! A volte il tempo scorre troppo velocemente, fugge via dalla mia percezione. Sarà il sonno che mi impedisce di rendermi conto del protrarsi delle ore? Eppure mi pare di essermi sdraiato appena un’ora fa. Che sia stata la stanchezza? Oppure ciò che stavo sognando? Se solo riuscissi a ricordare i dettagli di quello strano mondo che mi è apparso in sogno… Impresa di certo non semplice per il fatto che nulla mi sembrava abbastanza familiare.
Mi ero rimpicciolito talmente tanto che un atomo in confronto a me appariva più grande di una montagna. Ma che dico? Più grande di una stella! E ricordo che le cose erano molto diverse dal mondo che conosciamo. Le cose attorno a me stavano ferme ma si muovevano, si espandevano ma si rimpicciolivano allo stesso momento. Erano come delle bolle, impossibili da toccare o da rappresentare. E tutto andava e veniva, in continui salti da una bolla all’altra. Era impossibile distinguere l’inizio con la fine di questa danza che si ripeteva ciclica, tuttavia non sono riuscito a coglierne il periodo. All’improvviso una particella mi ha colpito e spinto da essa anch’io ho iniziato a muovermi attraverso la rete di bolle che mi obbligavano la strada, come dei binari. Quello doveva essere un fotone, e credo che mi abbia mandato sulla luna in pochi secondi.
Faccio dei sogni davvero stranissimi. Però era troppo entusiasmante, ecco perché ho perso totalmente la cognizione. Talmente tanto coinvolgente che non riesco a levarmelo dalla mente.
Ora però, bando alle ciance! Devo assolutamente completare il lavoro entro domattina. Innanzitutto, che ore sono di preciso? 19:13. Ah no, già le 19:14. Caspita, vedi che vola davvero troppo in fretta? Forse concentrandosi si riuscirebbe a scandire il tempo proprio come un orologio e adattarsi a questo fluire così rapido. Proviamo a contare i secondi. 1… 2… 3… 4… no, mi sono già perso, vado addirittura più veloce dell’orologio stesso. E poi comunque non avrebbe alcun senso, perché nel fare qualsiasi altra cosa mi dimenticherei di contare. Ma se facessi le mie cose tra un secondo e l’altro? Troppo poco tempo. Facciamo ogni minuto. Si. Ogni minuto mi fermerò e controllerò che siano davvero passati 60 secondi.
[Mentre aspettava l’accensione del suo pc, provò a mantenere il tempo nella sua testa.]
No, non funziona. Anche perché nel momento stesso in cui vado a controllare non ho la sicurezza di sapere di preciso quando mi sono fermato, potrebbero essere passati 3, 4 secondi, o chissà quanti. È davvero impossibile stabilire se sono in grado di tenere il tempo. Eppure i musicisti lo fanno, suonano mantenendo il tempo. Ci sono! Imposterò un timer ogni minuto in modo che mi avvisi.
[Suonò il timer.]
Ecco, ora è l’orologio che va di nuovo troppo in fretta. Ma chissà quanto tempo è passato da quando ho iniziato questa questione. Secondo me non più di 5 minuti. [Diede un altro sguardo al suo orologio.] E invece sono già le 19:28. Anzi no, 19:29.
In tv danno una partita di calcio, pere che stanno trasmettendo in diretta da Sydney. Ma sarà davvero in diretta? Cioè, se consideriamo che in questo momento facciano un gol, sarà davvero avvenuto ora? Detta così, per chi mi sentisse sembrerebbe una teoria del complotto. A quel punto sarei costretto a spiegare che il mio pretesto è di più ampia veduta.
[Provò quindi a ordinare le idee per cercare di esporlo come se avesse un interlocutore dinnanzi a lui.]
Finché il segnale televisivo ricopra tutta la distanza da qui all’altra parte del pianeta passerà un certo tempo. Ma è della velocità della luce che parliamo, quanto vuoi che ci metta? 16 mila chilometri a 300 mila chilometri al secondo. Beh allora almeno 50 millisecondi di ritardo. La televisione stessa è in ritardo rispetto ai miei occhi, in quanto la luce che proviene da essa ha una velocità finita. Eppure sembra tutto così immediato. Pare tutto un continuo avvenire immediato, eppure ogni cosa avviene con un certo ritardo per noi. Mentre osservo la lancetta fare il suo ticchettio, non è la lancetta che osservo, ma la luce che proviene da essa, che a sua volta è la luce che proviene dal lampadario che riflettendo sulla lancetta poi giunge ai miei occhi… e che al mercato mio padre comprò. Basta, devo rimettermi a lavoro.
[Dopo mezz’ora di lavoro senza interruzioni, egli guardò attraverso la finestra e non riuscì a fermare il suo rimuginare.]
Però guarda che bella luna che c’è stasera. Tornando al discorso di prima, è così per ogni cosa che accade. Un’infinità di istantanee che si susseguono ognuna con il loro ritardo. Più è distante e più mi inganna. La luna che intravvedo dalla finestra è come doveva essere circa 1 secondo fa, Marte com’era circa 12 minuti fa. È tutto un costante inganno per i nostri occhi. Non vedono ciò che è, ma ciò che era, come tante fotografie del passato. Ma allora solo io sono qui adesso, tutto il resto intorno a me appartiene al passato. La vista mi inganna, ma gli altri sensi no, quindi posso approssimare: qui adesso? tutto intorno a me; e la luna? Marte? Appartengono assolutamente al passato perché troppo distanti. Eppure un marziano avrà un suo qui adesso. Ogni alieno nell’universo – ammettendo che esistano – lo avrà, ma io non potrò mai conoscerlo qui adesso, apparterrà al mio futuro. Betelgeuse, che si trova a 400 anni luce da noi, è già esplosa in supernova? Quando accadrà qui adesso, in realtà sarà accaduto 400 anni fa sul suo qui adesso.
Le cose si complicano ancora se considero pianeti che orbitano intorno a buchi neri o molto vicini alla propria stella. Potrei immaginare il diverso fluire del tempo nell’universo, dettato dalla relatività di Einstein, rappresentato come una mappa spaziale in tre dimensioni, in cui le ascisse e le ordinate rappresentano lo spazio tridimensionale, l’asse z, invece, indicherà il tempo. Basterà creare dei rilievi in corrispondenza delle concentrazioni di massa, riportandole nelle ascisse e ordinate del mio grafico, e avrò in corrispondenza di essi dei picchi nell’asse z, ovvero nel tempo. Questi picchi rappresenteranno il rallentare del tempo: percorrendo lo spazio, in quei punti è come se incontrassi una maggiore “densità temporale” che mi rallenta. Forse è una rappresentazione un po’ troppo forzata, ma mi potrebbe aiutare a capire meglio altri concetti in futuro.

In futuro? [A quel punto, quella parola lo fece sussultare, perché divenne incoerente col suo ragionamento. Divenne necessario giustificare l’esistenza del concetto di futuro.] Al netto delle mie conclusioni mi conviene iniziare a pensare solo al mio qui adesso, ovvero a ciò che stavo facendo. Eppure ci perdiamo in pensieri che si intrecciano in avvenimenti passati con previsioni del futuro. Il passato non c’è e non può tornare, il futuro deve ancora venire. Ma anche lo stesso presente è labile e non scorre mai sempre uguale nella mia percezione, ma nemmeno nella realtà del mondo. Gli istanti! Quelli ci sono, li vedo, li sento, li vivo. Ogni istante arriva dopo il precedente all’infinito: un susseguirsi di infinite istantanee. Ma questo concetto implica la discretizzazione del tempo, ovvero ogni mutamento dovrebbe avvenire “a salti”. Se non ci fosse continuità nel susseguirsi degli eventi coglierei ciò anche al di fuori della mia percezione. Oppure dovrei considerare il mondo astratto come la matematica, considerare queste istantanee come i punti che compongono una retta, ovvero infiniti? Ma cos’è l’infinito nella realtà in cui viviamo, che appunto non può essere astratta, salvo approssimazioni?
Se, ad esempio, osservo la lancetta dell’orologio muoversi, essa effettua il suo movimento a scatti. Compie un rintocco ogni secondo, banale. Tuttavia i processi all’interno dell’orologio che portano al movimento discretizzato della lancetta, sono tutt’altro che discreti. Se non ricordo male, i moderni orologi utilizzano un movimento al quarzo. Ovvero, l’energia all’interno di una pila alimenta un circuito che fa oscillare un segnale elettrico, che a sua volta viene stabilizzato a una certa frequenza da un cristallo di quarzo. Un successivo stadio del circuito conta le oscillazioni e le trasforma in un movimento periodico delle lancette. Dunque non c’è nulla di discreto nel tempo di un orologio. Analogamente, si può dire la stessa cosa per gli orologi a pendolo. La causa del moto è sempre un processo continuo.
Allora è del tutto inutile continuare a considerare il mondo come il mutare delle cose da uno stato all’altro. La continuità implica la costante mutevolezza della realtà. Non esistono istanti speciali in una realtà continua. È tutto un continuo divenire. Piuttosto, deriva dalla nostra esperienza e dalla percezione soggettiva considerare istanti privilegiati di qualcosa che esiste, che col trascorrere del tempo muta in qualcos’altro: qual è l’istante in cui la legna bruciando diventa brace e poi cenere? quando il seme che germoglia diventa una piantina e poi un albero? Siamo noi ad associare dei concetti a dei fenomeni continui e indivisibili, proprio come l’orologio che indicava le 19:29 poco dopo aver letto 19:28? Associamo al concio di legno un significato, alla brace un altro e un altro ancora alla cenere, ma tra uno di questi stati e l’altro ce ne sono tanti altri meno significativi per noi, ma che, per la natura delle cose, hanno uguale importanza. Nel loro divenire, i processi non possono saltare alcun loro stato, dunque il tempo non può che scorrere in maniera continua. Non ha senso definire cosa è qualcosa adesso, né cosa era o diventerà. Questi istanti esistono solo nella nostra concezione.
Che senso ha allora analizzare cos’è qualcosa? Tutto è più o meno velocemente in un divenire perenne in qualcos’altro. La maggior parte delle cellule del mio corpo non esisteva nel momento in cui sono nato. Tutte le mie ossa subiranno un totale rimodellamento nell’arco di 10 anni. Pensiamo di vivere in un album fotografico mentre forse si tratta più di un gran film, in cui le immagini possono essere solo impresse nella nostra mente, a loro volta concettizzate.
Ma allora cos’è il tempo? È chiaro che noi uomini abbiamo necessità di scandire la velocità con cui le cose mutano in ore nell’arco di una giornata. Però è altrettanto chiaro che questa velocità non è costante in maniera assoluta, cambia in base a tanti fattori. E la mia percezione non riesce neppure a distinguere queste differenze.
[Mentre si sollevò dalla sedia intento ad affacciarsi alla finestra per osservare meglio la luna che vedeva in lontananza dalla sua scrivania, forse distratto dalla frustrazione di non riuscire a trovare una soluzione a quel dilemma, col braccio fece cadere un bicchiere che si frantumò a terra.]
Strano però. Quel bicchiere era formato proprio da quegli stessi pezzi di vetro che ora giacciono separati uno dall’altro, tuttavia, essi non potranno mai più tornare a formare un bicchiere. Ecco cos’è il tempo! È la direzione. Come nell’entropia. Eppure nella meccanica quantistica il concetto di prima o dopo sembra non avere molto senso. La posizione di un elettrone in un atomo non può essere stabilita contemporaneamente alla sua velocità. Piuttosto si considera una probabilità di dove potrebbe trovarsi quell’elettrone. Quella stessa probabilità che si prende in considerazione quando si parla di entropia.
Devo fermarmi, non troverò mai una soluzione a questo dilemma che ha turbato gli uomini in secoli di storia. Dove ero rimasto?…
[Continuò a lavorare per un paio d’ore. Ogni tanto qualche pensiero lo distraeva ma lo scacciava via rapidamente. Non poteva permettersi un ritardo nella consegna del lavoro.]
Beh, ora che sono arrivato ad un buon punto col lavoro mi conviene fare una pausa prima che mi si friggano gli occhi. Prima, ripensando al mio sogno, mi domandavo dove avrò mai visto quelle bolle così minute? … Sai che potrebbero proprio essere in quel modo che sono fatti i quanti della teoria della gravità quantistica a loop? [Disse ad alta voce rivolgendosi a chissà quale interlocutore, forse preso da un attimo di delirio per la stanchezza.]
I quanti… Essi non sono nello spazio e nel tempo, essi sono lo spazio e il tempo. Con la loro perenne interazione formano la materia contenuta nell’universo. Non sono loro a muoversi, ma interagendo tra di loro “creano” e “distruggono” la materia tra una bolla e l’adiacente, ovviamente rimanendo sempre coerente con il principio di conservazione. Quindi tramite questi salti la materia si sposta nello spazio-tempo dei quanti. Uno spazio-tempo, dunque, discretizzato, discontinuo. È una delle teorie più affascinanti in quanto rivoluziona il concetto di spazio continuo di Euclide.
Su questa base teorica, un tempo avevo provato a fantasticare su alcuni suoi aspetti ancora più affascinanti. Le particelle in movimento potrebbero essere in realtà questi quanti che, attraversati da energia, interagiscono e le fanno apparire. A loro volta, la materia che si trova in una zona di spazio, ovvero in una zona in cui i quanti interagiscono, induce sui quanti una reazione, restringendo lo spazio-tempo stesso. In altre parole, potrebbe essere che nel momento in cui la materia pervade i quanti di spazio-tempo, essi si comprimano e riducano una sorta di volume quantistico. È così che potrebbe essere spiegata la relatività generale in chiave quantistica: lo spazio dei quanti “compresso” è ciò che genera la gravità. O per meglio dire, le bolle dei quanti attirano e comprimono altre bolle di quanti e generano dei binari radiali, più compressi al centro in cui è posizionata la massa. La rete di quanti si comprime in prossimità della massa, deformandosi e, poiché i quanti sono essi stessi lo spazio-tempo nel quale la materia si muove, le masse attorno graviteranno verso il comune centro. Più queste bolle si comprimono, più massa attirano a sé, comprimendosi ancor di più. Semplicemente viene a formarsi il cosiddetto campo gravitazionale.

In uno spazio-tempo così descritto, il movimento di un oggetto attorno a una massa può essere visto come un percorso obbligato dalla disposizione dei quanti, in cui si tende a “cadere” verso le zone più fitte, probabilmente per una questione di maggiore equilibrio energetico. Ricordandoci che il movimento della materia rimane comunque l’interazione dei quanti che costituiscono lo spazio-tempo, torna ad essere l’energia la chiave di lettura. Ovvero, per potermi muovere tra i quanti, devo far sì che avvenga un processo, quello dell’interazione. È ovvio che più la maglia di quanti è fitta, maggiori saranno le interazioni che l’oggetto in movimento dovrà compiere, o per meglio dire, i salti che dovranno essere fatti da un quanto all’altro. Dunque in prossimità di un buco nero, dove i quanti sono molto fitti, i salti necessari al movimento saranno maggiori. Se poi si ipotizza che questi salti sottraggano l’energia necessaria al divenire dei processi interni alla materia, potrebbe essere per questa ragione che forse il tempo di chi si trova in prossimità di un oggetto molto massiccio rallenta. In ogni salto si potrebbe perdere una parte dell’eccitazione delle particelle sub-atomiche che compongono un oggetto, determinando un intrinseco rallentamento del suo “tempo interno” (in scala microscopica) rispetto a un sistema di riferimento esterno.
Analogamente accadrebbe la stessa cosa quando si viaggia molto velocemente. Nonostante in questo caso non sia la maglia di quanti compressa la causa del rallentamento temporale, i salti aumenterebbero considerevolmente di numero man mano che si va più veloce. Il succo del discorso è che il movimento stesso all’interno dello spazio-tempo sottragga l’energia necessaria al divenire dei processi naturali che dovrebbero normalmente avvenire, processo proporzionale all’infittirsi della maglia di quanti e all’aumentare della velocità del movimento, confermando così anche la relatività speciale. Questo rallentamento dei processi interni si traduce in un rallentamento relativo dello scorrere del tempo in scala macroscopica.
[Si fermò per qualche istante a guardarsi intorno, poi il suo sguardo si diresse verso il palmo delle sue mani, quasi incredulo che la realtà potesse essere davvero quello che aveva immaginato nel suo ragionamento.]
È davvero entusiasmante! Questo potrebbe significare che non esistiamo come entità concreta in un corpo fatto di una determinata porzione di materia dell’universo e basta, ma scompariamo e riappariamo ad ogni salto tra i quanti, come un’immagine che scorre tra i pixel di un display. Se una cosa del genere venisse confermata in un modello matematico solido, sarebbe in grado di fare predizioni sull’intera realtà, dal microscopico al macroscopico, facendo coesistere coerentemente la meccanica quantistica e la relatività di Einstein.
Lettura di riferimento:
Adelphi, “L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli, Milano 2017